mercoledì 18 gennaio 2012

Il Cigno Nero (Black Swan)

Darren Aronofsky
Stati Uniti d'America, 2010

Fatto salvo che l'oscar come migliore attrice è certamente stato assegnato più che meritatamente ad una attrice, Natalie Portman, che ha interpretato con grande bravura un ruolo molto complesso, impegnativo e pieno di sfaccettature, il film nella sua globalità mi ha delusa.
E' innegabile che la delusione spesso è dietro l’angolo quando si guarda un film dopo averne letto grandissime cose, ma credo che il mio giudizio resti piuttosto oggettivo in questo caso e che, a prescindere dalle aspettative più o meno alte, questo film mi sarebbe sembrato, come mi è sembrato, davvero poco più di un buon film.
L’indiscutibile ottima regia, che non rappresentava un’incognita,  e la perfezione estetica di alcune scene davvero notevolissime (in assoluto la trasformazione in cigno nero sopra ogni altra) confezionate in una fotografia quasi perfetta, non riescono comunque a rendere del tutto convincente la realizzazione di una trama che appare a chi scrive non del tutto riuscita.
Come spesso accade, il genere cui viene destinato il film, ovvero il thriller, risulta del tutto fuori luogo. La tensione che serpeggia nel film non è causata dall'intensità dell’intreccio della trama ma dai picchi d'atmosfera delle scene classicamente "horror", (apparizioni improvvise, colonna sonora e climax d’attesa) tutte ben fatte e caratterizzate dal giusto ritmo (che porta con naturalezza lo spettatore ad attendere i momenti adrenalinici), ma che tutto sommato lasciano il tempo che trovano.
Lo "sdoppiamento" (termine non esattamente corretto e calzante) di Nina si intuisce già dai primi minuti, per poi manifestarsi platealmente poco dopo, ma la paranoia e la follia che lo caratterizzano sono lasciate davvero troppo in superficie. L'accenno alle radici della sua distorsione mentale, infatti, è appunto solo un accenno: il rapporto con la madre che l’ha costretta alla cristallizzazione in bambina è certamente  causa del suo rifiuto di essere donna e della negazione della sua stessa sessualità, ma viene relegato a ruolo motivazionale esterno, senza che risulti confermato in una coerenza reale.
I  “momenti di sdoppiamento” di Nina non sono mai connessi ad un suo effettivo comportamento attivo, non c’è una sua volontà reale di lasciarsi andare all’incarnazione del cigno nero nella sua globalità esistenziale e simbolica; la stessa apertura verso la sessualità, verso la droga o al piacere corporeo è anche qui trattata in modo troppo superficiale e, oltre ad non essere ben caratterizzata, è del tutto indotta dall’esterno, subita senza alcun coinvolgimento interiore ed in nessun caso scaturita da una determinazione propria (la scena del rapporto sessuale in discoteca lo evidenzia perfettamente, così come il rapporto saffico non rappresentato come trasfigurazione onirica di un desiderio, divenuto ormai “morboso”, di vivere la propria sessualità – l’amica/rivale non rappresenta infatti altro che la naturalezza di tali istinti e il suo desiderio di accettare il proprio lato impuro, la cui immagine arriva a mutare nel suo stesso volto al raggiungimento dell’apice - ma come viaggio mentale causato dallo stordimento della droga che ha superficialmente e forzatamente annullato i suoi freni inibitori).
Solo se la metamorfosi in cigno nero, simbolo dell’apertura al “male”, fosse nata da un impegno di Nina, nell’impersonificarlo nella danza e nell’esistenza personale, la conseguente distorsione mentale sarebbe stata frutto coerente e profondo dei sensi di colpa causati dal contrasto con la condizione rigida di purezza infantile inculcatale dalla madre e divenuta in lei pilastro interiore, come rifiutasse il compiere (ed il successivo aver compiuto) tali comportamenti e li relegasse quindi ad un’altra persona – un’altra Nina – per liberarsene.
L’assenza di questo passaggio pesa inesorabilmente sul personaggio di Nina rendendolo a tratti vuoto di simbolismo e di profondità, e rappresenta a mio giudizio la pecca maggiore del film, causando di fatto la totale assenza sulla scena del dualismo tra due anime, reale protagonista della trama cui viene invece relegato un ruolo in sordina, e della lotta simbolica tra l’attrazione verso un male fumoso, che in realtà sarebbe solo l’accettazione di una personalità piena e comprensiva degli istinti imperfetti e carnali, e una purezza precostituita ed asettica a cui da sola si impone di non rinunciare.
Anche il finale, che non regala certamente sorprese essendo anche concettualmente inevitabile, risente di questa assenza e impedisce di fatto alla morte del cigno bianco nel balletto di coincidere con la fine della vita di Nina quale compimento ineluttabile e simbolico di una metafora esistenziale, dell’uccisione di una parte di sé incapace di accettare. Il film, invece, mostra la morte di un personaggio psicotico che si uccide in preda al delirio visivo di sopprimere colei che paranoicamente avverte come minaccia al suo ruolo di étoile e di donna, solo sommessamente rivelando – attraverso l’immagine del suo volto al posto di quello della rivale, la lotta interiore e non fisica tra le sue due anime. Resta quindi la delusione di un senso profondo che serpeggia lungo le scene di questo film senza però mai arrivare a toccare l’intensità del nucleo, senza mai affondarci le mani, senza mai possederlo vibrante, vero, intimo, duale.
Appare perciò un’opera incompiuta, nonostante i presupposti di un regista bravissimo a rendere visive le distorsioni mentali, un’attrice perfetta per il ruolo sia nelle sue capacità recitative sia nella propria apparenza fisica, una colonna sonora che rappresenta essa stessa una coesistenza tra purezza ed inquietudine, ed il mondo in cui la storia è calata, ovvero quello del balletto che è simbolico di per sé, essendo rappresentazione attraverso l’uso fisico del corpo di sentimenti e di intensità esistenziali.
Resta un buon film, ma resta anche l’amaro in bocca di vedere delle potenzialità ferme qualche gradino sotto l’espressione pura e perfetta del dualismo dell’anima, che era l’evidente obiettivo cui mirava.

Meritevole ma...

2 commenti:

  1. ma come, crei un blog cinematografico per "colpa" mia, e mi smonti subito uno dei film della mia vita?
    non è mica giusto, eh! :D

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    1. Beh, era doveroso, non poteva che essere questo il primo.
      Anche se, prima di pubblicarlo qui, il commento è stato doverosamente riletto e revisionato.
      E comunque, le colpe si pagano!

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