Tim Burton
Stati Uniti d’America, 2012
In un momento culturale in cui il vampirismo è tornato di
gran moda, violentemente estrapolato dal contesto di epoca, folklore e atmosfera
di cui era affascinante germoglio per essere interrato - goffamente impoverito e
privato delle sue radici - tra le più attuali voghe adolescenziali e
abbondantemente innaffiato con stereotipi di una modernità da appendice, Burton
delega al suo sanguinoso eroe il compito di dimostrare, nell’eleganza estetica
del suo tocco, quanto risibile appaia da opportuna distanza il trasferimento
coatto del genere altrove largamente operato.
Se Dark Shadows, infatti, può essere in parte accostabile al
Mars Attack che quindici anni fa canzonava, omaggiandola, la fantascienza di
cinque decenni prima, nelle intenzioni diverge del tutto dal film del 1996. L’ironia,
largamente presente in entrambi i film, qui infatti allude senza timore al
presente cinematografico di genere, privo di ogni traccia di quell’humus culturale
balcanico da cui la letteratura ha tratto vita e sostanza, e lo stesso Johnny
Depp rappresenta l’incarnazione di un’attualizzazione “fuori luogo” che trasfigura
l’atmosfera spiccatamente gotica del cinema burtoniano in quella ilare della
commedia grottesca, finendo per farsi beffa anche del proprio stesso passato.
Il film gioca e diverte, affascina per tecnica e cura,
cattura per scenografie e ambientazioni confezionate nella giusta dose di
effetti speciali mai riempitivi e riluce di alcune trovate piuttosto brillanti. Conserva,
insomma, il gradimento dello spettatore sino ai titoli di coda nella pur molto
sottile linea di racconto che in altre mani avrebbe certamente rischiato di
perdersi.
Pur deludendo chi in queste due ore andrà cercando la
poetica surreale e la commossa ispirazione di un nuovo agognato Big Fish, o la
creatività immaginifica di un altro “La sposa cadavere”, o ancora la malinconia
trasognata di un ennesimo “Edward mani di forbice”, l’ultima sogghignante opera
di Burton rivela uno sguardo inedito e sornione, una cura raffinata dedicata ad
un prodotto che sceglie risolutamente di essere leggero e che di tale
leggerezza fa, riuscendovi, consapevole pregio. L’opera ha, infine, il valore
aggiunto di una serpeggiante autodecelebrazione, così poco in voga tra i
registi maggiori, che finisce per aggiungere altri onori al cineasta delle
oniriche diversità.
Riuscito.