giovedì 24 maggio 2012

Dark Shadows


Tim Burton
Stati Uniti d’America, 2012

In un momento culturale in cui il vampirismo è tornato di gran moda, violentemente estrapolato dal contesto di epoca, folklore e atmosfera di cui era affascinante germoglio per essere interrato - goffamente impoverito e privato delle sue radici - tra le più attuali voghe adolescenziali e abbondantemente innaffiato con stereotipi di una modernità da appendice, Burton delega al suo sanguinoso eroe il compito di dimostrare, nell’eleganza estetica del suo tocco, quanto risibile appaia da opportuna distanza il trasferimento coatto del genere altrove largamente operato.
Se Dark Shadows, infatti, può essere in parte accostabile al Mars Attack che quindici anni fa canzonava, omaggiandola, la fantascienza di cinque decenni prima, nelle intenzioni diverge del tutto dal film del 1996. L’ironia, largamente presente in entrambi i film, qui infatti allude senza timore al presente cinematografico di genere, privo di ogni traccia di quell’humus culturale balcanico da cui la letteratura ha tratto vita e sostanza, e lo stesso Johnny Depp rappresenta l’incarnazione di un’attualizzazione “fuori luogo” che trasfigura l’atmosfera spiccatamente gotica del cinema burtoniano in quella ilare della commedia grottesca, finendo per farsi beffa anche del proprio stesso passato.
Il film gioca e diverte, affascina per tecnica e cura, cattura per scenografie e ambientazioni confezionate nella giusta dose di effetti speciali mai riempitivi e riluce di alcune trovate piuttosto brillanti. Conserva, insomma, il gradimento dello spettatore sino ai titoli di coda nella pur molto sottile linea di racconto che in altre mani avrebbe certamente rischiato di perdersi. 
Pur deludendo chi in queste due ore andrà cercando la poetica surreale e la commossa ispirazione di un nuovo agognato Big Fish, o la creatività immaginifica di un altro “La sposa cadavere”, o ancora la malinconia trasognata di un ennesimo “Edward mani di forbice”, l’ultima sogghignante opera di Burton rivela uno sguardo inedito e sornione, una cura raffinata dedicata ad un prodotto che sceglie risolutamente di essere leggero e che di tale leggerezza fa, riuscendovi, consapevole pregio. L’opera ha, infine, il valore aggiunto di una serpeggiante autodecelebrazione, così poco in voga tra i registi maggiori, che finisce per aggiungere altri onori al cineasta delle oniriche diversità. 

Riuscito.

2 commenti:

  1. Posso dirti una cosa? Scrivi veramente molto molto bene. Condivido quello che pensi ma sarebbe un piacere leggerti anche se parlassi benissimo solo dei film dei Vanzina!
    Solo che o devi andare più spesso al cinema oppure devi scrivere di più :) comunque complimenti! Ciao!
    Emiliano

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    1. Grazie mille Emiliano, sei gentile.
      Di film ne guardo molti ma scrivere non è una cosa che riesco a fare ogni giorno, anche se mi piacerebbe.
      Comunque mi impegnerò ad aggiornare il blog con una frequenza diversa. Alla prossima.

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