venerdì 27 luglio 2012

Shame


Steve McQueen
Regno Unito, 2011

“...Tell me to relax, I just stare
Maybe I don't know if I should change
A feeling that we share
It's a shame...”
Ho visto, tardi rispetto al momento di massimo clamore che lo ha posizionato onnipresente nei discorsi di critica e pubblico, dei salotti bene e dei circoli Arci, il leggendario Shame.
Credo che questo film rappresenti una delle più grandi delusioni che il cinema mi ha dato in questi ultimi anni, oltre ad essere stato causa, nei giorni successivi alla visione, di domande cui non credo troverò mai davvero risposte.
Mi piacerebbe, ad esempio, riuscire a comprendere cosa abbiano visto i milioni di acclamanti estimatori in questa pellicola che i miei occhi non sono stati invece in grado di cogliere.
L’entità della delusione, infatti, è dovuta alla quantità di meraviglia profusa per mesi dai giudizi dei tanti che hanno avuto modo di parlarne e di scriverne.
Non nego che il protagonista, il tanto in voga Michael Fassbender, abbia mostrato ottime capacità attoriali nel rendere sullo schermo un’ossessività anestetizzata, contraddizione in termini in realtà assolutamente coerente, ma queste non bastano a fare il film, né tantomeno a farne un capolavoro.
Sintetizzare la trama ha certamente poca utilità, considerando che i pochi che non hanno visto l’opera di McQueen ne hanno certamente sentito parlare molto e da molti, eppure una sintesi, anche stringata, in questo caso è in grado di rendere appieno il contenuto dei cento minuti di questo Shame.
Un uomo tra i trenta ed i quarant’anni, benestante e di bella presenza, vive un’esistenza del tutto vacua nella sua casa, negli hotel e nelle strade di una stereotipata iperfashion New York City – che avrà certamente appagato appieno il pubblico open mind di questo film - con l’unico costante, asettico obiettivo del raggiungimento del piacere sessuale, cercato nelle più svariate gradazioni di una scala che parte dal presentissimo autoerotismo, per toccare il tradizionalismo eterosessuale sino alla trasgressione più grottesca, passando naturalmente per webcam e virtualità.
Questo è esattamente ciò che vedrete, né più né meno, declinato lungo tutto l’arco del film che, presumibilmente, ha voluto operare una scarnificazione esemplare di un’esistenza in una sorta di documentaristica rappresentazione di un uomo che, per lo più, fa sesso.
Ciò che mi attendevo da Shame e che ritenevo fosse causa delle interminabili lodi, in realtà non viene da McQueen neanche lambito. Nella sua creatura non c’è traccia del turbamento, della lotta e dell’arresa, di un isolamento sofferto, di un’inadeguatezza o di autocompatimento. Non c’è sporcizia né smarrimento, non c’è attesa né disillusione, non c’è tentativo di riempire vuoti, né contraria volontà di mantenerne.
La rappresentazione del perverso e del grottesco è tutta relegata ad agenti esterni, ai luoghi fumosi e confusi dove si consumano atti sessuali espliciti sin quasi alla pornografia, e ad una fotografia che alterna tratti assolutamente gelidi a pennellate quasi forzatamente torbide, senza riuscire in alcun modo a coinvolgere in un’atmosfera che ne resta del tutto avulsa.
La trasgressione, resa proprio attraverso l’imposizione di immagini inattese all’interno del cinema di genere, si dimostra strumentale, e perciò sterile, e lo shock che ambisce a provocare, in realtà resta assente anche nelle scene più ambiziosamente sfrenate, lasciando spazio persino ad un accenno di noia.
Anche il rapporto con la sorella, che poteva fungere da pretesto per mostrare la radice esistenziale di un presente tanto abulico, fallisce lo scopo e si perde in percorsi secondari appena accennati, che raccontano problematicità scoordinate e solitudini, a tratti cercate e a tratti subite, di due incomunicabilità lasciate del tutto in superficie.
L’immagine conclusiva, che segue il prevedibile tentato suicidio, chiude ciò che in sintesi è poco più di una sequenza di sfondi, in un temerario finale aperto in cui la scelta del possibile futuro è quasi del tutto relegata allo spettatore. Che Brandon continui un’esistenza di narcosi emotiva (in cui il sesso rappresenta solo una delle possibili ossessioni e non né è né causa né finalità) o che si affranchi dal passato grazie al ritrovato ruolo di fratello, lo sceglie lo spettatore, assecondando proprie inclinazioni e trasfigurazioni.
Un film che, parlando di sesso, avrebbe dovuto parlare d’altro, resta invece, ed è questo il suo maggior limite, un film che racconta una personale sessualità. Che sia estrema, malata e sbagliata, se da una parte ha regalato alla pellicola il ruolo di cult, dall’altro non è certo in grado di trasformarla in un capolavoro.

Prescindibile.

2 commenti:

  1. Ciao, sono capitata sul tuo blog e ho voluto lasciarti un commento perchè non sono affatto d'accordo con la tua recensione, anzi trovo Shame uno dei film più riusciti dell'ultimo anno ;-)
    Proprio alcuni degli elementi che tu consideri limiti invece li reputo punti di forza, in particolare la scelta di focalizzare l'attenzione proprio sul sesso accennando il resto solo in modo sommario; l'esigenza da parte dello spettatore di entrare nella storia per colmarne i vuoti; il fatto di ambientare l'azione in una New York glamour e sofisticata.
    Quest'ultima scelta fa sì che la sporcizia, la shame, sia tutta interiore e contrasti con l'esterno, in primis con il corpo perfetto del bel Fassbender.
    E le scene di sesso penso colgano davvero nel segno, se anche tu arrivi a denunciarne la noia: penso l'obiettivo del regista sia proprio quello di mettere a nudo la meccanicità, l'apatia, la sterilità di un atto che ha il potere di far perdere il protagonista privandolo della capacità di amare.

    Questa è la mia opinione e se ti va ti invito a leggere la recensione sul mio blog, ciao!

    http://immagineallospecchio.blogspot.it/2012/01/nuova-recensione-cineland-shame-di-s.html

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  2. Salve,
    augurandoti un buon Natale e un felice anno nuovo, ti invito a votare migliori film del 2012 sul mio blog. Nella pagina trovi anche il link per votare come "blogger cinematografico".

    Ovviamente, l'invito è esteso a tutti i blogger di cinema qui di passaggio che non sono ancora riuscito a contattare e a tutti i visitatori amanti del cinema!

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